Il filo rosso di questa XIV Assemblea nazionale è stato il tempo: questo #futuropresente che ci ha accompagnato per i cinque giorni che abbiamo vissuto insieme (27.04.17-01.05.17), a ricordarci che è proprio questo il tempo in cui l’AC, nel suo 150° anniversario, deve vivere con tutto il suo entusiasmo. Un tempo passato che è stato prezioso, di cui siamo orgogliosi e di cui il papa ci chiede di essere all’altezza. Un tempo passato che, come ci ha ricordato il presidente Matteo Truffelli, non serva per guardare indietro e dirsi quanto siamo stati bravi, ma per essere grati sempre della bellezza che l’AC ha portato nelle nostre vite, nelle no
stre comunità e nel nostro paese, a servizio della Chiesa. Un tempo passato su cui poggia il nostro presente, certamente fatto di fatiche quotidiane, di dubbi, di tante richieste che l’associazione tenta di comprendere e accogliere, che ogni giorno sperimentiamo nelle nostre parrocchie e nei nostri cammini formativi e personali, ma che siamo chiamati a vivere con pienezza, senza sconti. Da questo presente, infatti, sgorgherà il futuro che desideriamo costruire, che non può essere un sogno sospeso nel vuoto, ma che germoglia proprio da quello che vogliamo rendere edificabile oggi.
Questa prospettiva è riassumibile nelle parole, spiritose ma efficaci, che il santo padre ha pronunciato durante i festeggiamenti in piazza San Pietro: «Avere una bella storia alle spalle non serve però per camminare con gli occhi all’indietro, non serve per guardarsi allo specchio (tanto siamo brutti), non serve per mettersi comodi in poltrona! Fare memoria aiuta ad essere consapevoli di essere popolo che cammina prendendosi cura di tutti, aiutando ognuno a crescere umanamente e nella fede, condividendo la misericordia con cui il Signore ci accarezza».
Da questa consapevolezza si sono susseguiti, passo dopo passo, i lavori dell’Assemblea nazionale, in cui i delegati diocesani hanno lavorato insieme, da tutta Italia, per dare un volto al prossimo triennio.
L’Assemblea elettiva nazionale è certamente lo spazio per rinnovare il Consiglio nazionale, ma è anche il luogo in cui respirare l’aria fresca della condivisione, in cui ricordarsi perché la democraticità dell’AC è così preziosa e imprescindibile.
L’incontro del FIAC, il 27 maggio, con papa Francesco è stato un dono prezioso, durante il quale ci sono state consegnate alcune sollecitazioni chiare ed esplicite, diventate le fondamenta del lavoro assembleare: ci ha esortato ad essere discepoli missionari, ricordandoci che in questo tempo l’apostolato è il tratto che maggiormente ci deve contraddistinguere per stare nella realtà, accompagnato da preghiera, formazione e sacrificio. Preghiera capace di aprire il nostro cuore verso i bisogni degli altri, formazione che sia capace di offrire un percorso di crescita reale nella fede, e sacrificio, cioè offrire il nostro tempo e condividere quello che abbiamo con chi ha meno di noi. Essere discepoli missionari significa scegliere di esserlo a partire dalle nostre parrocchie, ovvero dalle nostre città e dai nostri quartieri, perché sono i luoghi in cui possiamo sperimentare l’esperienza di stare in dialogo con gli altri, con le loro necessità, ma anche con le loro ferite più profonde, vivendo il confronto con chi la pensa diversamente da noi, poiché solo attraverso il dialogo è possibile costruire un futuro condiviso. L’impegno dei laici di Azione Cattolica, quindi, è quello di lavorare per la costruzione del Regno, evitando la burocratizzazione.
Con il cuore rinnovato dall’incontro con papa Francesco e accompagnati dalle parole che sempre il santo padre aveva pronunciato al FIAC, l’Assemblea si è apprestata a rileggere e rivedere il documento assembleare, con lo scopo di rendere veramente l’AC associazione «Tra la gente, con la gente, per la gente, dalla gente. Sapendo che ciò che abbiamo da imparare è più di ciò che abbiamo da dare» (Messaggio al Paese a conclusione della XVI Assemblea nazionale dell’AC).
La fatica di scambiare idee e opinioni, andare a fondo in tutte le questioni che riguardano la realtà ecclesiale e sociale che oggi l’associazione vive, è il tentativo di ascoltare tutti, di accogliere le specificità. Questo dialogo è fruttuoso solo nella misura in cui si è consapevoli che l’AC è di tutti, ed è prima di tutto parte della vita di quei laici che si trovano nel mondo, sul lavoro, nella scuola, nell’università, in contesti sociali complicati e in cui sono chiamati a vivere e ad agire, avendone cura e facendosi carico delle vite di chi incontrano.
Infine, ogni compleanno che si rispetti prevede sempre un regalo: l’AC nazionale ha deciso di regalare vicinanza a una realtà che sempre ci è cara, anche come diocesi, la Terra Santa. La presidenza nazionale, infatti, propone ogni mese per un anno a quattro persone di prestare servizio alla Casa di accoglienza per bambini in difficoltà Hogar Nino Dios di Betlemme, visitata dai giovani dell’AC di Carpi nel pellegrinaggio in Terra Santa del 2011.
di Laura Stermieri e Giovanna Trucco