In un mondo che spesso celebra la perfezione e la performance, l’Azione Cattolica Diocesana di Carpi lancia un’iniziativa che invita a riflettere sulla fragilità come risorsa fondamentale per la nostra umanità. Il concorso, proposto nelle parrocchie e nelle scuole, ma aperto ad ogni fascia d’età, si propone di esplorare il concetto di fragilità in tutte le sue forme: fisica, psicologica, emotiva, sociale, ambientale e culturale.
L’obiettivo principale è quello di promuovere una nuova sensibilità verso l’altro, favorendo il dialogo tra generazioni e stimolando la creatività dei giovani. Ogni partecipante avrà l’opportunità di esprimere la propria visione della fragilità attraverso opere artistiche o testi, con la possibilità di partecipare singolarmente o in gruppi di massimo cinque persone.
Le opere saranno esposte durante la Festa dell’Azione Cattolica Diocesana di Carpi (FestAC), che si svolgerà dal 6 al 15 giugno, e il pubblico avrà la possibilità di votare i propri elaborati preferiti. I migliori lavori di ciascuna categoria, Arte e Testi, riceveranno un premio di 40€ per partecipante, con la cerimonia di premiazione prevista per il 15 giugno.
Per ulteriori informazioni, scarica il bando:
“La fragilità è all’origine della comprensione dei bisogni e della sensibilità per capire in quale modo aiutare ed essere aiutati. Un umanesimo spinto a conoscere la propria fragilità e a viverla, non a nasconderla come se si trattasse di una debolezza, di uno scarto vergognoso per la voglia di potere, che si basa sulla forza reale e semmai sulle sue protesi. Vergognoso per una logica folle in cui il rispetto equivale a fare paura. Una civiltà dove la tua fragilità dà forza a quella di un altro e ricade su di te promuovendo salute sociale che vuol dire serenità. Serenità, non la felicità effimera di un attimo, ma la condizione continua su cui si possono inserire momenti persino di ebbrezza. La fragilità come fondamento della saggezza capace di riconoscere che la ricchezza del singolo è l’altro da sé, e che da soli non si è nemmeno uomini, ma solo dei misantropi che male hanno interpretato la vita propria e quella dell’insieme sociale.”
Vittorino ANDREOLI “L’uomo di vetro. La forza della fragilità”
“Sento forte il desiderio di svelare la mia fragilità, di mostrarla a tutti coloro che mi incontrano, che mi vedono, come fosse la mia principale identificazione di uomo, di uomo in questo mondo. Un tempo mi insegnavano a nascondere le debolezze, a non far emergere i difetti, che avrebbero impedito di far risaltare i miei pregi e di farmi stimare. Adesso voglio parlare della mia fragilità, non mascherarla, convinto che sia una forza che aiuta a vivere. Si sente dire che l’educazione deve edificare un bambino forte, un uomo di coraggio che affronta le lotte e le vince. La timidezza, invece, va curata e prima ancora nascosta. Ho dedicato il mio tempo alla follia, al dolore mascherato di insensatezza, di depressione. Un lavoro che molti ritengono esclusivo dei forti, degli uomini di ferro. Ecco perché voglio gridare la mia fragilità. Come un vetro io, psichiatra fragile, tante volte ho corso il rischio di rompermi. Una gracilità che però aiuta l’altro a vivere, che mi ha permesso di capire la fragilità e di rispettarla, di stare attento a non manipolare gli uomini, a non falsificarli. Ho amato persino i frammenti di uomo, mi sono dedicato con pazienza a metterne insieme i suoi pezzi. La fragilità rifà l’uomo, mentre la potenza lo distrugge, lo riduce a frammenti che si trasformano in polvere. La fragilità non è un difetto, un handicap, ma la espressione della condizione umana. La fragilità non è sinonimo di debolezza, che è mancanza di forza, un difetto a cui porre rimedio. La fragilità non è povertà, intesa come mancanza di risorse che permettano di rispondere a bisogni elementari e che è possibile cancellare con un po’ di giustizia. La fragilità non è incapacità di fare, di pensare. Non si lega a una dotazione sminuita di abilità intellettiva o emotiva. Non è un sintomo o, peggio, un insieme di sintomi tali da definire una malattia. La fragilità non è una inferiorità nel confronto di altre situazioni che paiono invece espressione di una ricchezza di personalità. Non è un difetto, una menomazione o una condizione che comunque la pone sul piano del patologico. La fragilità non conduce al male, ma semmai alla saggezza. La fragilità è la percezione del proprio limite, della propria condizioni di uomini. La fragilità come origine della voglia di legame, di comprensione, di solidarietà e di amore. Ecco la forza della fragilità che tuttavia non può ingenuamente considerare la paura e il dolore come elementi positivi: sono esperienze terribili, ma misteriosamente presenti e non eludibili.”
Vittorino ANDREOLI “L’uomo di vetro. La forza della fragilità”
Quale è il senso di un discorso sulla fragilità? Quello di riflettere sugli aspetti luminosi e oscuri di una condizione umana che ha molti volti e, in particolare, il volto della malattia fisica e psichica, della condizione adolescenziale con le sue vertiginose ascese nei cieli stellati della gioia e della speranza, e con le sue discese negli abissi dell’insicurezza e della disperazione, ma anche il volto della condizione anziana lacerata dalla solitudine e dalla noncuranza, dallo straniamento e dall’angoscia della morte. La fragilità, negli slogan mondani dominanti, è l’immagine della debolezza inutile e antiquata, immatura e malata, inconsistente e destituita di senso; e invece nella fragilità si nascondono i valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell’indicibile e dell’invisibile che sono nella vita, e che consentono di immederimarci con più facilità e con più passione negli stati d’animo e nelle emozioni, nei modi di essere esistenziali, degli altri da noi.
Eugenio BORGNA, “La fragilità che è in noi”