“Quando parlo non mi ascolti”, “Sol che finisca di parlare”, “ma non si rende conto che c’è la cena da preparare?”. Spesso il dialogo, tra gli sposi, viene incastrato tra le (pre)occupazioni quotidiane, ridimensionato dalla stanchezza del dopolavoro, intrappolato dalle esigenze dei figli che si infilano in ogni spazio di silenzio. Tanto che, se ci si ferma un attimo a pensare, i momenti settimanali in cui tra marito e moglie si riesce a condividere qualcosa, si contano sulle dita di una mano.
Eppure papa Francesco nella sua esortazione apostolica Amoris Laetitia ci dice che «il dialogo è una modalità privilegiata e indispensabile per vivere, esprimere e maturare l’amore nella vita coniugale e familiare». Allora dobbiamo proprio lavorarci. Già, perché «richiede un lungo e impegnativo tirocinio». Un approccio inaspettato, ricco e impegnativo quello dei numeri 136-141, tanto che la Commissione Coppia e Famiglia ha voluto approfondirli nel suo percorso, una giornata partecipata da tanti e in cui i tempi più dilatati hanno favorito – speriamo – il dialogo nella coppia e tra le famiglie presenti.
In realtà il Santo Padre non parla molto dei modi e linguaggi, del tono e dei momenti e neppure del “cosa dire”. «Possono condizionare la comunicazione» ammette, ma va oltre: ci sono «atteggiamenti che sono espressione di amore e rendono possibile il dialogo autentico».
Innanzitutto «darsi tempo, tempo di qualità, che consiste nell’ascoltare con pazienza e attenzione, finché l’altro abbia espresso tutto quello che aveva bisogno di esprimere». Quand’è l’ultima volta che abbiamo ascoltato tutto (!) quello che l’altro voleva dire? O piuttosto saltiamo su non appena crediamo di aver capito? Occorre invece un vero “silenzio interiore”, senza pensieri e rumori nel cuore e nella mente; perché «molte volte uno dei coniugi non ha bisogno di una soluzione ai suoi problemi, ma di essere ascoltato. Deve percepire che è stata colta la sua pena, la sua delusione, la sua paura, la sua ira, la sua speranza, il suo sogno».
Francesco, testimonianza vivente di questo stile, invita a dare importanza reale all’altro, alla sua persona, a coltivare l’ampiezza mentale, «per non rinchiudersi con ossessione su poche idee» e la «flessibilità per poter modificare o completare le proprie opinioni», magari in una nuova sintesi con l’altro. Ci chiede poi di arricchire il dialogo con gesti di attenzione e affetto − perché «l’amore supera le peggiori barriere» − e di superare la fragilità che ci porta a vedere l’altro non più come l’amato, ma come un “concorrente”.
Ci invita a curare lo spirito ma anche le relazioni con l’esterno, a maturare «una ricchezza interiore che si alimenta nella lettura, nella riflessione personale, nella preghiera e nell’apertura alla società», per non diventare noiosi e inconsistenti.
Il papa ci mette davanti un cammino, su cui confrontarci e, magari, dialogare. Una strada non ancora battuta ma affascinante perché la misura del nostro amore tenda sempre a quella alta che Gesù, Verbo fatto carne, ci ha rivelato.
di Benedetta Bellocchio